In un contenzioso che ha inizio ai primi anni del 1980 tra un privato cittadino e l’Amministrazione statale e che trova sentenza non oppugnabile del C.d.S. nel 2017, poco o quasi niente si è parlato di spese processuali.
Nella sentenza inappellabile del 2017, con una giustificazione di logica pura, il C.d.S. compensa le spese, forse tenendo conto che l’Amministrazione è stata condannata a risarcire un danno patrimoniale.
Si dà il caso che l’Amministrazione, sebbene controparte interessata sia stata incaricata di calcolare l’entità del risarcimento, non ha tempo né intenzione di ottemperare a un ordine che, in fondo, di chi è: di un organo dello Stato di cui essa è la struttura, ossia l’essenza.
Di fronte all’inottemperanza e la tacita indifferenza dell’Amministrazione, il cittadino non ha altra scelta che presentare umile istanza all’eccellentissimo C.d.S., ricorrendo al dovuto e legale patrocinio di un avvocato. Il C.d.S. che fa? Ordina di nuovo, con tanta tolleranza per i carichi di lavoro dei burocrati, ma non tiene conto delle spese che il cittadino ha dovuto sostenere. Probabilmente ha ritenuto che il risarcimento che gli sarà proposto sarà sufficiente a compensarlo anche di queste spese.
Passano i mesi, ma l’Amministrazione proprio non si cura di chi ordina. L’Amministrazione è un’entità astratta: non ha orecchi per sentire e non ha nessun timore di non sentire.
Il misero cittadino è pervicace e ricorre di nuovo all’eccellentissimo C.d.S.
Questa volta, senza offendersi, per la sua benevolenza, questi concede magnanimamente un altro mese di proroga per effettuare il conteggio, ma temendo che il suo ordine non sarà eseguito, nomina un Commissario ad acta che assumerà il suo compito alla scadenza del mese. E le spese sostenute dal misero cittadino, le sue ansie, le sue aspettative, la sua rabbia chi le paga? Non è un problema del C.d.S. che non ha tempo e interesse di prenderlo in considerazione.
L’Amministrazione resta sorda e il Commissario ad acta è troppo impegnato nella sua alta funzione per dare ascolto ad un ordine della Magistratura amministrativa.
La rabbia e la pervicacia del misero cittadino che insiste nei suoi ricorsi all’eccellentissimo C.d.S., questa volta lo convincono a usare la mano pesante, perché concede un altro mese ma minaccia una penale pecuniaria giornaliera. Anche questa volta nella sentenza non c’è nessun accenno alle spese di giudizio. E’ un problema del ricorrente: se è così petulante, paghi!
Alla minaccia della penale giornaliera, dopo diversi giorni dalla data di scadenza del mese di proroga, l’Amministrazione offre un risarcimento in cui interpreta molto riduttivamente la sentenza del C.d.S.
Il misero cittadino è costretto, suo malgrado, a ricorrere di nuovo all’eccellentissimo C.d.S.
Questi, con logica stringente e convincente e con brillante interpretazione semantica, giustifica in parte il calcolo dell’Amministrazione, perché le sentenze del C.d.S. sono inappellabili ma dall’Amministrazione sono interpretabili riduttivamente, anche se le ricorda che deve attenersi alla sentenza. Per ottemperare a questo nuovo ordine concede all’Amministrazione un altro mese di tempo e, per essere coerente con se stesso, rinomina il Commissario ad acta che assumerà la sue funzioni al termine del mese di proroga. Questa volta, però, si ricorda che l’Amministrazione deve pagare una piccola parte delle spese di giudizio, anche se dimentica o almeno non ritiene necessario ricordare all’Amministrazione della penale giornaliera che non si sa per quanti giorni debba essere pagata e che l’Amministrazione non ha affatto considerato. Forse la piccola somma per spese di giudizio serve a compensare la consistente riduzione della somma calcolata dall’Amministrazione ed avallata dal C.d.S.
Venuta meno la minaccia della penale, Amministrazione e Commissario ad acta riassumono la loro fisionomia: ridiventano sordi, indifferenti ed indolenti. Ricomincia la farsa, sempre a spese del cittadino inerme contro l’agguerrita burocrazia che non teme la Legge, con gli ordini della Magistratura amministrativa che si perdono nell’etere come quegli squilli di tromba nelle caserme ai quali segue il silenzio!
Vittorio Pratola
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