Il potere nasce con l’uomo quando entra in contatto con un altro uomo: è una relazione sociale che comporta un confronto di forza. Rousseau diceva che la società è nata quando il primo uomo ha detto questo è mio, ma non è soltanto una questione di proprietà. Nella società animale ogni singolo ha un ruolo che non confligge con quello degli altri, come negli alveari o nei formicai, dove i ruoli dei singoli componenti sono definiti dalla nascita e insieme costituiscono un organismo che non ha in sé conflitti. Anche là dove esiste la gerarchia il conflitto sussiste solo temporaneamente e per la legge della sopravvivenza della specie.
L’essere umano è potenzialità, è capacità di trasformarsi, di arricchirsi, di attuare imprevedibili dimensioni del suo essere. Dal punto di vista fisiologico, il cervello umano conserva nell’ipotalamo, nella massa centrale e profonda, tutte le esperienze dei suoi antenati dalle quali dipendono i suoi comportamenti istintivi ed affettivi, ma fin dai primi giorni di vita, anche quella intrauterina, comincia a strutturare una corteccia cerebrale nella quale confluiranno tutte le esperienze, incoscienti e coscienti, che caratterizzeranno ogni momento della sua esistenza. E’ qui che si configura il suo modo di essere e quindi la sua irripetibile dimensione personale unica. In tal senso ogni individuo è una potenziale forza creativa che può esplicarsi soltanto attraverso la relazione sociale. Se l’uomo fosse solo potrebbe avere esperienze e sollecitazioni ripetitive che non renderebbero possibili nuove associazioni e, quindi, elaborazioni e sintesi creative.
Un vecchio adagio recita: l’unione fa la forza, ed è vero, perché ogni uomo è una forza che si incrementa e si moltiplica con il moltiplicarsi delle relazioni umane. E’ nel gruppo che il singolo individuo si realizza ed è sempre nel gruppo che si nega come tale. La sua forza diventa la forza del gruppo che viene amministrata da chi è più forte di lui. Quando il più forte impone la sua forza su un altro assume su di sé la forza dell’altro e più estende il suo dominio e maggiore è il suo potere. E’ la genesi del gruppo che a sua volta diventa dominante.
Il potere è l’esercizio della forza, come suo orientamento e come sua utilizzazione.
Nelle società primitive il potere nasce dalla prestanza fisica e dalle doti naturali. In effetti la forza fisica, inizialmente, determina il rapporto di prevalenza e di sottomissione, anche se subito sono altre doti a subentrare e a far prevalere, come le capacità inventive e organizzative e le doti intellettive. E’ quanto si può rilevare dai giochi di gruppo dei bambini che si schierano con uno o con l’altro compagno. Si sceglie un capo al quale obbedire e con il quale competere con gli altri, perché ha più prestanza fisica ma anche perché ha più iniziativa e successo.
Gli psicologi affermano che si nasce leader o gregario ma sono l’esperienza e il moltiplicarsi delle relazioni che vanno a determinare il ruolo di ogni individuo nel gruppo.
Il gruppo ha sempre una struttura piramidale: se la forza è del gruppo e avvantaggia tutti i componenti, l’esercizio della forza è appannaggio di uno o più individui che ne traggono i maggiori benefici. Il branco ne è il corrispettivo naturale a livello animale. In esso il capo si afferma grazie alla sua forza e mantiene il comando fino all’arrivo di un contendente che non riesce a sconfiggere, con tutti i privilegi del suo ruolo. Nel gruppo si costituisce una gerarchia in cui il potere è decrescente.
Vittorio Pratola.
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