Il concetto di popolo ha un significato molto diverso nel tempo a significare sia una massa informe e generica , priva di una sua fisionomia e di un suo peso nella società, sia un’élite con caratteristiche proprie e con un peso economico, sia le classi subalterne in una società stratificata.
Nasce nella polis greca in contrapposizione al concetto di aristocrazia e già in essa è l’indice di una minoranza, rispetto agli abitanti della città, degli effettivi componenti della società cittadina, quella che rivendica di essere il Popolo. Questo termine assume rilevanza in quanto si erge in contrapposizione alla nobiltà aristocratica, detentrice del potere. Gli individui che si sono valorizzati ed arricchiti per la loro intraprendenza, soprattutto attraverso i commerci, che a loro volta avevano stimolato e favorito lo sviluppo di un fiorente e innovativo artigianato, avevano bisogno di far derivare il loro successo personale da un’entità più forte della loro individualità. Il Popolo rappresentava quella natura che è di tutti gli uomini ma che si era pienamente realizzata in loro grazie alle loro capacità e al loro impegno.
La conquista del potere economico non poteva non comportare la ricerca del potere politico mentre la loro identificazione con il Popolo legittimava le loro pretese. In effetti il Popolo, come totalità di tutti i componenti di una società, è soltanto un’entità astratta in ogni forma di democrazia, perché non detiene né esercita il potere.
Il concetto di popolo torna nella primitiva Respublica romana, quando il potere viene esercitato in nome del Populus Senatusque Romanus dopo la parentesi del sette Re, ma in effetti è appannaggio delle famiglie patrizie che sono a capo del gruppo ristretto dei cives che solo formalmente, in qualità di componenti di un gruppo, ne godono i benefici. La secessione della Plebe sull’Aventino è la conferma che il discorso di Menenio Agripppa è soltanto teorico. In ogni caso solo i cittadini romani sono il Popolo: di esso non fanno parte i servi e gli schiavi che costituiscono la maggioranza della società romana.
Con le invasioni barbariche, di fronte agli arimanni, gli uomini liberi che portano le armi, ci sono i vinti, quelli che nel sistema feudale sono i servi della gleba, di fatto schiavi senza alcun diritto.
La dissoluzione del sistema feudale porta con sé notevoli trasformazioni: la nascita e il fiorire della città con la formazione di una borghesia sempre più intraprendente e sempre più ricca e autorevole.
Il borgo era il circondario dei castelli dove il Feudatario viveva godendo dei benefici del suo feudo, della caccia e dei prodotti della terra lavorata estensivamente dai servi della gleba, schiavi della terra. Nel borgo vivevano gli artigiani (i borghesi) che provvedevano alla realizzazione degli strumenti indispensabili per il lavoro e la vita quotidiana.
La relativa pace, che accompagna il sistema feudale, favorisce la rinascita delle città, dove confluiscono la piccola nobiltà e gli abitanti dei borghi, uomini semi liberi, e una iniziale attività commerciale. Inizialmente le città sono in funzione del contado circostante ma, con il loro crescere, avviene il contrario perché grazie ai nuovi strumenti e alle nuove tecniche sviluppate dall’artigianato cittadino si passa da un’agricoltura estensiva ad una intensiva. Il processo di arricchimento della classe borghese è sempre più rapido ed accentuato.
Vittorio Pratola
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