10.La democrazia: la liberta’.

   Il fondamento ideale e ideologico della democrazia è la libertà, ma in democrazia non esiste la libertà, perché ogni convivenza implica dei limiti e degli obblighi e quindi dei doveri.

   Il padre del Liberalismo, Locke, rivendicava per ogni individuo i diritti naturali, diritti inviolabili, della vita, della libertà, della proprietà in contrapposizione a quelli della nobiltà di origine ereditaria.  Era la rivendicazione dei diritti di una classe borghese emergente che aveva assunto il potere economico e voleva anche quello politico e, ovviamente, non prendeva in considerazione quelli di chi non aveva alcuna proprietà.  In ogni caso la libertà secondo Locke era il diritto di non essere privato dei propri beni.   In altri termini io ho il mio mondo, o meglio sono un microcosmo in cui non debbono esserci interferenze che vengano a turbare la mia identità e così per ogni altro:  ognuno conserva quello che ha (chi non ha niente anche!). 

   In democrazia è forse cambiato questo concetto di libertà?  No, se ripensiamo all’origine del potere e al moltiplicarsi dei poteri e soprattutto alle rivendicazioni dei vari ceti sociali o alle manifestazioni di piazza in cui tutti vogliono riconosciuta la loro libertà.

   In Teocrazia esiste una Verità da cui i dominanti fanno discendere il Bene comune e la Legge.  In Democrazia esiste la libertà che è la possibilità per ognuno di rivendicare i propri diritti, le proprie idee, le proprie convinzioni, le proprie verità e, in una parola, i propri interessi.  Accanto a loro i benpensanti, ossia coloro che approvano il loro operato, perché non confligge con i loro privilegi e il loro status sociale.  A tal proposito mi viene in mente un film in cui Alberto Sordi impersona un trafficante d’armi che con i suoi traffici permette una vita di agi e di lusso ai suoi familiari.  Quando questi vengono a sapere delle sue attività non possono fare a meno di condannarlo fino a che non rinuncia ai suoi traffici.  Il venir meno dei loro privilegi, tuttavia, li rende ciechi e indifferenti alla ripresa dell’attività di trafficante d’armi che permette loro di riottenere quanto avevano perso.  Troppo spesso i problemi degli altri scompaiono di  fronte ai propri.

La libertà in Democrazia è violenza.

  La stessa terminologia usata ne è una dimostrazione:  lotta per la libertà;  lotta contro l’ingiustizia;  lotta contro la fame (anche se chi si pone il problema della fame è chi mangia e non chi non può farlo);  vittoria della verità;  conquista dei propri diritti;  vittoria del Popolo e chi più ne ha più ne metta.  E’ una guerra continua di una classe sociale, di uno o più Sindacati, di un Movimento, di un Partito, di un gruppo di contestatori, di chi lo fa per ideologia, di alcuni contro altri.  Sono cortei, manifestazioni di piazza, scioperi, legittime espressioni di libertà democratica, fino allo sciopero generale in cui si sollecita la partecipazione di tutti contro tutti per rafforzare il potere dei Sindacati di contro agli altri Poteri dello Stato.  E’ una guerra in cui per rivendicare i propri diritti, ossia i propri interessi, si calpestano quelli degli altri, provocando loro, quasi sempre, anche gravi danni.  L’esercizio della libertà diviene, in tal modo, l’imposizione dell’arbitrio e il Bene di tutti consiste nel momentaneo equilibrio delle forze in campo.

   D’altra parte in Democrazia la legge è il risultato di accordi temporanei di maggioranze che riescono a coagulare molteplici e contrapposti interessi.  E’ ovvio che ogni legge, se favorisce alcuni interessi, danneggia altri e quindi anche la legge contribuisce ad incentivare la lotta per l’affermazione dei propri diritti, negando  altresì la libertà di chi la deve subire.  La libertà, di fatto, resta una formale dichiarazione che serve a nascondere l’effettivo ingabbiamento dei singoli individui in un sistema di poteri che li vincola e li opprime in ogni istante della loro esistenza.

Vittorio Pratola

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