LA SECONDA REPUBBLICA

5a puntata

D’altra parte sindacati e partiti sono diventati larve di istituzioni rese evanescenti ed insignificanti e addirittura repellenti da tutti gli scandali   che man mano sono venuti a conoscenza delle masse. Il concetto stesso di Stato non è più trasparente e sempre più è venuto coincidendo con chi non dà e impone soltanto taglieggiamenti fiscali. Squalificata la classe politica, anche se molti esponenti di tutti i vecchi partiti si  sono in qualche modo rifatto il vestito esteriore di onestà formale, ma certamente non sostanziale, coloro i quali si presentano per amministrare lo Stato hanno immediatamente dimostrato la loro discendenza dal vecchio sistema e la stessa mentalità in cui ciò che determina le scelte politiche, al di là delle solite vuote promesse verbali e lo stesso modo di presentarsi alla ribalta, è l’atteggiamento rissoso di chi porta avanti i suoi particolari e personali interessi.

La risposta che ne deriva consiste nel disinteresse, nell’astensione, nel risentimento, in una sfiducia che rimbalza da uno all’altro e che gli stessi politici del momento accreditano denigrando le proposte degli avversari e riproponendosi senza convinzione, con controproposte che non sono alternative ma soltanto rifiuto di quelle degli altri.

Ormai non si può parlare di Repubblica, perché non c’è Stato nel senso di una struttura che abbia una sua fisionomia. Quelli che dovrebbero essere infatti i potentl dello Stato cercano di ritagliarsi spazi sempre più cospicui di influenza e di gestione entrando in conflitto e scaricando ogni responsabilità sugli altri. Diventa sempre più manifesto che sono i singoli, in quanto tali e non in quanto espressione delle istituzioni, che decidono le  loro azioni di rivendicazione di onestà e di denuncia dei comportamenti altrui, lasciando trasparire interessi egoistici di parte, a dimostrazione che non si persegue un motivo ideale che possa valere per tutti, in quanto ognuno resta legato alla sua soggettiva ottica prospettica.

I vari raggruppamenti pseudo-politici non hanno un’anima e per questo, di volta in volta, sentono il bisogno di far riferimento ad un leader, ad un uomo che, necessariamente, non incarnando un ideale, non ha carisma e perde rapidamente la capacità di conservare compatte, intorno a sé, le forze che lo hanno sostenuto. Il calcolo dei benefici che si possono ottenere è legato a troppe contingenze perché possa essere il cemento che riesca a mantenere in vita le coalizioni e per questo riaffiorano continuamente contrasti, distinguo, precisazioni e proposte di modifica che evidenziano l’incertezza e l’indecisione che regna sovrana. Solo le ali estreme restano stabili perché il loro atteggiamento è quello di sempre: no a tutto e a tutti!

   La gente sta a guardare sconcertata, incapace di sforzarsi di andare al di là  dell’immediato presente, in attesa di eventi che spera vengano da qualche parte ma che invece appena annunciati scompaiono. Della prima Repubblica è rimasto solo lo sfacelo di quella struttura economica in cui ciascuno ha cercato di ottenere egoisticamente il massimo del profitto e in cui non c’è più neanche  la voglia di combattere. La seconda Repubblica è sinonimo di stasi, di costernazione e rinuncia, con i patetici tentativi di tutte quelle persone che, provenendo dalla prima, continuano a rivendicare la loro verginità e il loro assoluto disinteresse personale per i privilegi che, guarda caso, giorno per giorno, appaiono essere appannaggio di tutti quelli che si erano trovati molto bene nel sistema.

La seconda Repubblica è l’espansione della società dei consumi, in cui non c’è posto che per il profitto e per il potere e dove non può esserci un programma politico nel vero senso della parola, ma soltanto dei programmai legati alle contingenze economiche. Di volta in volta possono costituirai delle maggioranze, indipendentemente dall’appartenenza a un gruppo politico o ad un altro, che durano il tempo di ottenere il proprio tornaconto.

D’altra parte l’unica cosa comune a tutti i movimenti, perché non si può parlare di partiti, è quella di rivendicare di essere al centro o di essere il centro del dispiegamento politico: tutti vogliono proporsi benpensanti, tutti vogliono essere moderati, tutti cioè, di fatto, si dischiarano soddisfatti della situazione in cui si trovano, al di là delle beghe e delle diatribe che lasciano il tempo che trovano. Nella storia il centro ha sempre avuto un ruolo di mediazione, nel senso che ha cercato di trovare un’applicazione pratica delle proposte di rinnovamento e di trasformazione della realtà, smussandola delle asperità troppo dirompenti, ma in qualche modo vivendole e facendole proprie. Ma quando tutto è centro, tutto è stasi, tutto resta immutabile, perché nel centro non c’è posto per i rivoluzionari ma soltanto per i moderati. E’ questo il portato della seconda Repubblica, senza idee, senza ideali, senza programmi e senza uomini che sappiano incarnare l’anima di un popolo.

La politica non si fa senza idee, in quanto soltanto un’idea può diventare rappresentativa di una unità nazionale o almeno può riuscire a far convergere gli interessi particolari dei singoli in una maggioranza motivata e quindi in grado di procedere non per provvedimenti particolari e contingenti ma per linee direttrici che abbiano una costante e che siano un punto di riferimento stabile.

Quando il singolo politico resta ancorato alla sua dimensione particolare, quando egli è uno tra tanti, quando non può distinguersi da interessi limitati, egli è soggetto a tutte le variazioni di umore e di situazione sociale in cui resta coinvolto; altrettanto uno Stato non è tale quando manca un cemento che, o per adesione o per opposizione, unifichi il popolo facendolo diventare nazione.

 V.Pratola

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