MEZZI DI COMUNICAZIONE E FATTI DI CRONACA NERA

3° puntata

   La rivendicazione del diritto allo studio, un diritto inteso come ottenimento di una valutazione positiva e quindi di una partecipazione passiva alle attività scolastiche, per un falso concetto di uguaglianza, non ha alcun valore formativo e rende le nuove generazioni incapaci di affrontare le difficoltà che la vita comporta. Invece di formare il carattere e di stimolare la volontà ad essere, riduce l’individuo alla propria debolezza, lo chiude in se stesso, di fatto lo isola, solo, nella massa.  Alle prime difficoltà, il comportamento conseguente è quello del ricorso all’istinto:  non sa come affrontare la situazione e diventa aggressivo.  La violenza che è una manifestazione sempre più diffusa della società democratica, è l’unico modo di rispondere, quando non si hanno gli strumenti per valutare la situazione e cercare una risposta. 

   Quando i Soloni pontificano sulla scuola, dimenticano che la scuola è un’espressione della società, non è al di fuori, non è in una dimensione iperuranica:  vive e trasmette tutto ciò che la società del tempo comporta. 

   Il formalismo burocratico dello stato democratico pesa fortemente sul processo educativo, accentuando il processo di massificazione e di appiattimento scolastico.  Pensiamo agli interventi dei Magistrati che ribaltano nella sostanza, per vizi di forma, il giudizio espresso da un collegio di docenti, che sono gli esperti delle diverse discipline, ergendosi in tal modo a super esperti capaci di giudicare meglio di loro.  Pensiamo al formalismo che colpisce anche le valutazioni degli insegnanti e le stesse interrogazioni.  Per la riservatezza, i voti che gli insegnanti danno sono riservati e l’interrogazione, con il voto conseguente, è un rapporto tra insegnante e studente, come se non fosse il momento più importante del processo educativo che si realizza pienamente là dove l’assimilazione da parte di uno studente, delle lezioni dell’insegnante, si confronta con l’assimilazione personale di tutti gli altri studenti della classe.  L’interrogazione è un rapporto corale continuo, così come la valutazione che non è appannaggio solo dell’insegnante, ma anche dei singoli allievi che imparano ad avere coscienza di sé

     Il bambino molto piccolo impara guardando gli adulti ma facendo prova di sé, sbagliando e correggendosi, ripetendo gli sforzi per conseguire l’attuazione di ciò che vuole fare.   E’ fortemente gratificato dalle conquiste che fa e dagli apprezzamenti di chi gli è vicino.  Vuole essere lui il protagonista a superare le difficoltà che incontra così che le sconfitte, se non sono gravi, non gli impediscono di riprovare, anzi lo stimolano a ritentare e a provare di nuovo

    Il bambino impara a conoscere il rischio, per affrontarlo o evitarlo, provando e riprovando, facendo con ciò quelle esperienze in cui consiste la realizzazione di sé.  In tal modo cresce l’autostima e si incrementano il suo impegno e le sue conquiste, cioè la sua personalità.   Il “no” dell’adulto è l’avvertimento e l’aiuto a non incorrere in un rischio che l’allievo non conosce ma è anche il limite a comportamenti che recano danno agli altri e quindi diventa educazione alla società.  Nella scuola il voto è il no dell’adulto al bambino ed ha la funzione dell’ostacolo da affrontare e superare, è uno stimolo a rendersi attivo protagonista della propria formazione e a non rimanere passivo spettatore di una realtà che non lo coinvolge, ma è anche la conseguente evidenziazione della mancanza d’impegno e di partecipazione ai rapporti sociali, la conseguenza del suo comportamento e, quindi, altamente educativo per la vita.

   Casa mia, casa mia, benché piccola tu sia, tu mi sembri una badia:  il vecchio adagio condensa la sapienza dell’uomo operoso.  La casa non è soltanto ciò che l’uomo ha prodotto, ma è la sua stessa dimensione, è lui nella propria realizzazione, è la conquista della propria vita.  Quanto più grande è l’impegno per avere, tanto più grande è la soddisfazione e l’apprezzamento di ciò che si è saputo acquisire

  Il processo di appiattimento in basso del livello culturale, nella scuola di oggi, è il corrispettivo del processo di massificazione della società democratica.  La massa è uniforme nel senso che è un agglomerato informe, non strutturato, di individui chiusi in sé stessi, estranei ognuno agli altri, soli nella molteplicità, la massa.

   Nella società democratica il livello di vita è indubbiamente migliorato:  è il portato del progresso della civiltà, delle conquiste sociali, delle conquiste delle scienze, delle innovazioni tecniche e produttive.  Purtroppo con esso si è radicata una falsa convinzione del diritto.  Sulla base del principio della concezione liberaldemocratica, che è alla base della nostra società, la riappropriazione dei beni, da parte del popolo, nei confronti delle classi privilegiate, è un diritto naturale.  E’ una convinzione che trova il suo avallo nella teoria di Marx, che considera il capitale plus valore, ossia quella parte del prodotto del lavoro che non viene restituito ai lavoratori e che quindi spetta loro.  Perciò ormai è diventata endemica la rivendicazione del diritto ad avere tutto e subito.  In economia il consumo può esserci se si produce, quando si pretende di consumare senza produrre, il prodotto non è sufficiente per tutti e quindi non resta che una lotta continua di ogni categoria di lavoratori, di contro alle altre, che poi dilaga a diventare lotta di ogni singole individuo di contro a tutti gli altri:  è il dilagare della violenza di ogni genere, perché lotta significa ricorso alla forza, per cui solo il più forte ottiene il risultato e tutti gli altri vengono respinti nella loro precarietà.  E’ quello che ormai è evidente nella società moderna, dove poche classi egemoni, tra cui la classe politica, godono di quei benefici che difendono strenuamente e vittoriosamente. Alle masse resta la formalità dell’uguaglianza sociale, vessillo sbandierato dai politici, davanti alla giustizia, nella scuola, nel lavoro, in un appiattimento in cui ciascuno non è più nessuno e, soprattutto, è incapace di uscire dalla propria finitezza individuale. 

Vittorio Pratola

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