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  • IL FUTURO

    3° parte

       La rapida e sommaria carrellata sulle conquiste dell’intelligenza umana, almeno negli schemi che le contengono e le limitano, è motivo di orgoglio e di ottimismo, perché questi traguardi sempre più arditi e sempre più stupefacenti sembrano essere capaci di risolvere i problemi che affliggono l’umanità, se non nell’immediato, almeno in un imminente futuro.  Ma questo è di fatto un’illusione, un’utopica speranza che non tiene conto della natura umana nella sua complessità e soprattutto delle strutture sociali in cui esse vengono conseguite e quindi rese operative.

       L’essere umano, per sua natura, è l’animale più egoista che esista e questo suo egoismo può attivarsi e realizzarsi soltanto in una dimensione sociale.  Già oggi le conquiste della scienza e le relative sofisticate tecnologie, alle quali tali conquiste hanno dato vita, sono diventati strumento a disposizione di pochi privilegiati per posizione economica o sociale.  I mezzi di comunicazione servono soprattutto all’economia per indurre bisogni che permettano l’incremento dei consumi e quindi dei profitti di pochi.  Ma sono ormai in grado di orientare le masse non soltanto nei consumi, ma anche nelle convinzioni più profonde che determinano comportamenti voluti da altri, i pochi che hanno il controllo di tali strumenti.  Altrettanto avviene per le altre conquiste della scienza e della tecnica:  servono soltanto a rendere possibile la soddisfazione dell’egoismo dei singoli, che possano permetterselo, trasformando il proprio corpo, conservandolo con l’acquisto di organi, scegliendo i caratteri somatici, per adesso, preventivamente selezionati per i propri figli o addirittura riproducendosi identico, nella folle idea narcisistica di sé.

      Il domani si prospetta come estensione del presente e negazione di ogni aspettativa, negazione della vita come novità e ricchezza di possibilità creative.  La schematizzazione dell’intelletto umano, ossia la sua attività che immobilizza nella legge immutabile ogni mutamento, diventa la dimensione reale del futuro.

       Le macchine intelligenti sono state costruite per aiutare l’uomo e per sostituirlo in quelle attività che risultano pericolose o che sono ripetitive ed usuranti, ma anche in quelle che comportano movimenti millimetrici o impossibilità di accesso per gli strumenti maneggiati dagli uomini.  Esse non saranno mai in grado di sostituirli, ma sono proprio gli uomini che tendono a ridursi ad esse e che possono essere trasformati in macchine.

       La società moderna ha tutte le caratteristiche per fare dell’uomo una macchina.  Ci sono Stati autocratici o pseudo-tali che, per conservarsi, debbono imporre con la forza la loro sopravvivenza e, appena potranno, utilizzeranno tutte le tecnologie per determinare il modo di essere dei loro sudditi: cosa semplicissima se pensiamo che un semplice microchip, collegato all’intelligenza artificiale, può agire sul cervello e condizionarne il funzionamento.

       D’altra parte è già in atto, in tuti i paesi del mondo, un controllo capillare delle popolazioni che sono spiate perfino nella propria intimità e sempre più orientate nel proprio modo di essere.

       Anche le cosiddette democrazie si avviano alla loro degenerazione, conseguenza di una struttura in cui il potere non appartiene al popolo, come indica il termine democrazia, ma  a minoranze che si combattono tra di loro senza esclusione di colpi. Nate dalla violenza, hanno visto nel tempo un aumento e una diffusione della violenza sempre più accentuata. E’ una violenza che trova la sua giustificazione sul diritto di difendere la propria libertà ed in effetti  è l’espressione dell’affermazione egoistica di sé.  E’ l’egoismo di ogni individuo che trova  in minoranze agguerrite e senza scrupoli la possibilità di esplodere.  Nelle democrazie, ormai divenute oligarchie plutocratiche, finché esisteranno gruppi diversi che si combattono tra di loro, sfogando la loro rabbia in mille direzioni, il potere dei plutocrati resterà a guardare, ma se una minoranza violenta riuscirà ad avere il sopravvento su tutte le altre, il loro intervento sarebbe lo stesso adottato dalle autocrazie  e da ogni regime autoritario, proprio perché avrebbero le possibilità di padroneggiare gli strumenti forniti dal progresso scientifico. 

       Ormai l’uomo, come una macchina può essere programmato geneticamente, può essere condizionato psicologicamente ad avere reazioni affettive ed intellettive predeterminate;  come una macchina può essere rottamato o ricostruito con la sostituzione di pezzi.  E’ ciò che nella storia recente dell’umanità si è già cercato di fare:   in Germania con Hitler si ipotizzava la realizzazione di una razza pura e in Unione Sovietica, con Stalin e la sua cortina di ferro si è cercato il perfetto ed incrollabile cittadino comunista. Sono stati tentativi terribili e drammatici, miseramente falliti, ma erano il tentativo di immobilizzare il presente in un futuro identico ad esso.

       Oggi, là dove una minoranza violenta riesce ad assumere il potere, avrà gli strumenti idonei per soddisfare il suo interesse egoistico di conservarsi e quindi di annullare il futuro in un presente uguale a se stesso.  Saranno le macchine, che ormai sono operative ma non creative, in quanto capaci soltanto di ripetere meccanicamente quanto contenuto nei loro circuiti, a gestire anche l’uomo e ad esse non sfuggiranno neanche coloro i quali le hanno messe in funzione.

       Il futuro muore nel presente a meno che la vita, l’energia psichica che è presente negli esseri viventi, non si esaurisca nelle manifestazioni che la scienza controlla e sia in grado di essere e di andare al di là degli schemi rigidamente immobili dell’intelletto umano.

    Pratola Vittorio

  • IL FUTURO

    2a parte

       L’uomo può essere geniale, andare oltre i limiti dell’intelligenza che, come quella artificiale compone in tanti modi diversi e anche nuovi gli elementi in suo possesso, ma che non può andare al di là di essi.  E’ quanto gli stessi cultori della scienza hanno dovuto constatare, per cui alla certezza che la natura non facit saltus, cioè che è sempre possibile trovare un algoritmo capace di inquadrare, e quindi di comprendere,  ogni fenomeno in una connessione logica,  hanno contrapposto la teoria del Relativismo o la teoria dei quanti di energia.

       Tuttavia, anche se i limiti dell’intelligenza umana, nonché di quella artificiale, sono evidenti di fronte a fenomeni che non riescono a spiegare, ma che  pensano di poter comprendere e giustificare nell’ulteriore cammino del progresso scientifico, oggi le previsioni del futuro si delineano drammaticamente catastrofiche per l’umanità.

       Già la diffusione e l’utilizzo dei calcolatori, i computers, stanno incidendo fortemente sulle nuove generazioni.  La loro funzione era e dovrebbe essere, quella di fornire rapidamente ogni elemento che serva al ricercatore per le sue attività.  Dovrebbero essere dei depositi di informazioni relative alla ricerca che si vuole effettuare, ossia tutto quello che altri ricercatori hanno già elaborato.  Il progresso scientifico e culturale consiste nell’ incrementare il contributo che altri hanno realizzato prima di noi o accanto a noi.  Per molti giovani e ormai meno giovani, i calcolatori hanno determinato una dipendenza sempre più invasiva, o meglio sostitutiva, delle proprie capacità cognitive e affettive.

       Le funzioni, tutte le funzioni dell’uomo, da quelle fisiologiche a quelle psicologiche, vanno esercitate e incrementate.  Come per i muscoli, che se non vengono sollecitati con l’esercizio tendono ad atrofizzarsi, così avviene per le funzioni intellettive ed affettive: inaridiscono fino a scomparir., come hanno dimostrato le ricerche sull’evoluzione delle specie viventi.  Sempre più frequentemente è possibile rilevare nelle nuove generazioni una crescente incapacità ad elaborare i dati che possono facilmente  trovare organizzati nel computer, perfino a livello verbale e nella connessione logica del pensiero.  D’altra parte l’intelligenza artificiale fornisce composizioni letterarie, soluzioni tecniche e scientifiche, nonché musicali, che sono assunte totalmente e acriticamente, senza alcun intervento di chi le cerca.  Viene meno il processo di interiorizzazione e di assimilazione, in cui consiste lo sviluppo delle capacità umane, e resta soltanto una passiva ricezione di una veste esteriore e puramente formale.

       In tempi lunghissimi l’essere umano si è adattato all’ambiente modificando la sua struttura anatomica in relazione alle funzioni da svolgere e se queste funzioni sono venute meno anche gli organi relativi si sono trasformati o si sono atrofizzati.  E’ quanto avviene anche durante la breve esistenza individuale:  normalmente non vengono attivate quelle articolazioni corporee che diventano naturali per i contorsionisti e si perde del tutto la possibilità di attivarle dopo i primi anni di vita.  Quali conseguenze possono prevedersi in relazione alla produzione di cibi sintetici?

       La popolazione cresce rapidamente; le variazioni climatiche incidono negativamente sui  ritmi naturali, desertificano gran parte dei continenti e provocano sconvolgimenti atmosferici sempre più intensi e diffusi;  la fame nel mondo è diventato il primo problema da affrontare e il ricorso ai cibi sintetici sarà la soluzione immediata da adottare.  Le conseguenti trasformazioni dell’organismo umano non sono prevedibili, ma è prevedibile che ci saranno e che potrebbero essere indotte artificiosamente.

       Attualmente, grazie alla medicina, è possibile effettuare trapianti di organi, sostituzioni con organi artificiali, ricostruzione di arti operativi grazie a microchips che captano impulsi trasmessi dal cervello.  Reciprocamente l’utilizzo di elettrodi che inviano impulsi al cervello consente di provocare reazioni cerebrali alle quali corrisponde una determinata attività psichica, come visioni, sensazioni, stati d’animo ai quali si associano reazioni comportamentali prevedibili.  L’egoismo umano ha già approfittato di questi progressi della medicina  nell’incessante incrementarsi del traffico illegale di organi.  Chi ha le possibilità economiche compra certi organi a chi può venderli o li affitta, come per l’utero a pagamento, purtroppo esiste anche un commercio di organi che beceri individui si procurano con il rapimento e l’uccisione soprattutto di giovani.  In natura è normale che degli esseri umani vivano senza una madre, senza un padre o senza genitori, ma è eclatante affermazione dell’egoismo più bestiale privarli, preventivamente e consapevolmente, di una madre, con la prassi dell’utero in affitto, o del padre, con la scelta di uno spermatozoo donato (o comprato) da un individuo che abbia certi requisiti fisico-biologico.   E’ la conseguenza del perseguimento e della soddisfazione del proprio narcisistico compiacimento di se stessi e mancanza totale di empatia per quegli esseri umani che in tal modo vengono messi al mondo.  Si ritiene poi di annullare le conseguenza del proprio comportamento  facendo ricorso a soluzioni formali come l’eliminazione dei termini di madre e padre e la loro sostituzione con genitore uno e genitore due, per non provocare traumi che purtroppo segneranno e resteranno per sempre.

       La clonazione, anche se vietata dalle leggi vigenti, permette, a chi ha le possibilità economiche, di duplicarsi o moltiplicarsi, per adesso soltanto geneticamente, per immobilizzare un’esistenza egoisticamente ripiegata su se stessa, senza prospettive di cambiamenti. 

         Per adesso è soltanto il sogno di pochi, patologicamente attaccati alla propria esistenza, ma nel futuro …

    Pratola Vittorio

  • IL FUTURO

    1a parte

       Le premesse per ipotizzare le caratteristiche fondamentali del futuro dell’umanità sono ormai sufficientemente consistenti.  Se il presente à ancora un risultato nuovo e dinamico del concentrarsi del passato, il futuro non sembra altrettanto capace di rinnovarsi e di differenziarsi dal presente

        Da sempre l’uomo cerca il principio della realtà, l’unità del molteplice, la legge immutabile del divenire,   L’intelletto umano è capace soltanto di schematizzare, di comprendere, cioè di ridurre ad unità la molteplicità.  Le leggi della scienza sono schemi che, sulla base del passato, immobilizzano il futuro.  Il fondamento dell’intelletto umano, che nella sua derivazione dal latino, è un intus legere ossia un andare al di là delle variazioni esterne per attingere ciò che permane oltre quelle, è il principio di causalità.  Dato un effetto, ci deve essere una causa e se comprendo la causa posso intervenire sull’effetto, modificandolo a mio piacimento.  Il principio di causalità assume come evidente ed incontrovertibile la necessità che lega l’effetto alla causa e quindi la sua prevedibilità, come negazione assoluta della creatività.

        Soprattutto dalla seconda metà del diciannovesimo secolo, i grandi progressi della scienza avevano esteso il campo di ricerca scientifica dai fenomeni fisici a quelli biologici e antropologici.  E’ in questo periodo, infatti, che si moltiplicano gli studi di questo tipo, dalle ricerche di Mendel, sui caratteri ereditari, alle teorie del Lombroso sulla stretta connessione dei caratteri fisici di una persona ai suoi comportamenti sociali, alla teoria del Darwin che fa dipendere l’evoluzione degli esseri viventi dalle variazioni ambientali e, successivamente, alle teorie psicoanalitiche di Freud e dei suoi immediati discepoli.  In tutti restava radicata la convinzione che la natura non facit saltus ossia che è sempre possibile cercare  e risalire alla causa per intervenire sull’effetto.  E’ la grande euforia che infiamma la scienza e che tristemente viene vista e vissuta dai poeti, da coloro, cioè, in cui alla razionalità si accompagna il sentimento.  Basta pensare ai Malavoglia  del Verga, un romanza che si apre con il cigolio di un carro che passa e si conclude con lo stesso cigolio,  In mezzo c’è stata la tragedia della famiglia dei Malavoglia ma essa non ha cambiato nulla perché tutto è preordinato, secondo una necessità, l’ananke, il fato, ciò che è scritto, a cui l’uomo deve sottostare e su cui non può intervenire in alcun modo.  Chi pretende di essere attore di modifiche è soltanto un vinto  Ma è tutta la letteratura del primo novecento che avverte l’oppressione di una visione meccanicistica  e deterministica dell’esistenza umana e rivendica il valore dell’individuo nella sua particolarità e in quegli  aspetti che non sono riducibili a schemi prefissati, ma conseguenza della sua irrazionalità 

       In questi ultimi cinquanta anni le scienze biologiche, antropologiche e sociologiche  hanno fatto passi da gigante.   Il DNA ormai non ha più segreti:  non soltanto si leggono sempre più chiaramente e particolarmente i suoi dati costitutivi, ma si interviene su di esso con asportazioni o inclusioni, ossia con trasformazioni che predeterminano caratteri e comportamenti futuri dello stesso DNA.  In vitro, è prassi comune riprodurre e moltiplicare cellule diverse e, sulla base delle leggi di Mendel, realizzare la fecondazione artificiale con gameti femminili e maschili che abbiano particolari caratteristiche somatiche o con codici genetici predeterminati.

       A livello cerebrale sono molto avanzati gli studi che permettono di agire sullo stesso cervello con stimoli elettrici che provocano reazioni fisiologiche, ma si studiano anche le reazioni a droghe particolari, con le quali è possibile intervenire per modificare comportamenti individuali.  Si tratta di un primo passo  fisiologico del processo di condizionamento della personalità che ne  potrebbe essere la conseguenza.

       Gli sviluppi dei mezzi di comunicazione, capillarmente diffusi, soprattutto tra le nuove generazioni, sono diventati efficaci strumenti di orientamento dell’opinione pubblica e determinano comportamenti  spersonalizzanti, modi di pensare e di agire  che annullano le differenze individuali e incrementano il processo di massificazione.  Personaggi virtuali fanno opera di convincimento e di indottrinamento, non soltanto con messaggi sub-liminari ma anche con pressioni minacciose e previsioni di conseguenze catastrofiche.  Si costituiscono così i branchi sempre più numerosi per numero di componenti e sempre più simili per motivazioni e modi di comportarsi.    Ormai la cibernetica  ha reso possibile superare le vecchie funzioni dei calcolatori, che ora sono in grado di associare  e costruire insiemi letterari, articoli scientifici, sistemi musicali, tutte manifestazioni dell’intelligenza umana:  è l’intelligenza artificiale che, per fortuna, è come quella umana, cioè è capace di schematizzare operando nel relativo contesto delle sue informazioni.  Ogni forma di definizione, infatti si riduce e si conclude in sé, perdendo ciò che può essere al di là dei confini delle sue acquisizioni.

    Vittorio Pratola


     [VP1]

  • LA VITA

    4° parte

     Nel cervello, soprattutto quello umano, avviene la trasformazione dell’energia neuronica in una forma di energia di cui conosciamo le manifestazioni, ma di cui ignoriamo la natura. Questa forma di energia, infatti, per noi consiste, è  in quanto si esplica  nella sfera affettiva e in quella intellettiva, come stati d’animo e come funzioni che sono rappresentative, associative, creative, astrattive, concettualizzanti che, in una parola, sono il pensiero, le quali, nel loro articolarsi ed integrarsi costituiscono l’unità dinamica, unica e irripetibile di ogni io.   Ma sono anche gli stati d’animo, le emozioni, i sentimenti, le passioni che hanno una costante incidenza sulla dimensione corporea.  Soprattutto le forti emozioni e le passioni operano nella dimensione fisica in modo evidente, provocando tremori, brividi, eccitazione, sensazioni di freddo e colpi di calore, fino alle malattie psico-somatiche.  Sono causa di fenomeni fisici che opera in modo metafisico, nel senso etimologico del termine, ossia al di là della fisica:   è il processo di esplicazione e di trasformazione di una forma di energia in un’altra

       La trasformazione dell’energia è reversibile, in quanto la vita psichica, soprattutto quella originale e creativa, che caratterizza l’unicità e l’irripetibilità di ogni soggetto, diventa suono, immagine, parola per il cui tramite si trasmette ad altri soggetti che la integrano nella loro dimensione unitaria restituendola diversificata ad altri.

       L’energia psichica si trasmette, si articola, si arricchisce attraverso l’individuo che, nella sua diversità rispetto agli altri, attinge da essi nuovi elementi di dinamica trasformazione.  Maggiore è il numero delle relazioni che il singolo individuo stabilisce durante la sua esistenza e più significativo e incidente è il suo contributo alla Vita.  Nel trascorrere delle generazioni Il nucleo psichico originario non è lo stesso, in quanto nel tempo si conserva la varietà delle possibilità di attuazione della dimensione individuale e quindi della sua diversificazione, del suo valore e del suo significato nel contesto storico dell’umanità, cioè della Vita. Tutto ciò è evidente perfino nelle differenze che dividono le generazioni prossime. Pensiamo a certe tensioni che sorgono tra genitori e figli, quando i primi restano ancorati al loro passato, perché ripiegati su se stessi, mentre i figli hanno maturato nuovi orizzonti.  In effetti nell’uomo moderno sussiste l’uomo antico per cui, mentre il primo comprende il secondo, per questi sarebbe incomprensibile tuttp quello che è venuto maturando nel tempo..  E ciò è ancora evidente nel confronto di alcune popolazioni dell’Amazzonia e le società moderne.

        La vita psichica cresce con l’individuo, ma può anche arrestarsi, per mancanza di apporto dall’esterno o per il venir meno della riconduzione alla propria unità, per eccesso di sollecitazioni esterne o per mancanza di assimilazione personale.  E’ quello che avviene ed è avvenuto quando l’essere umano è stato allevato da animali o quando vive in un ambiente gravemente degradato, in cui dominano  esclusivamente  i bisogni primari della sopravvivenza.

       Nella nostra società, consumistica, è aumentato il numero dei bisogni che si considerano indispensabili per l’esistenza e la vita diventa una corsa alla loro ricerca che, se vengono trivati, si rinnova e cresce come ansia di avere di più.  Non c’è tempo per coltivare interessi che comportano l‘uscita da sé per incontrare e vivere situazioni diverse, viene meno il rapporto umano e la sua forza espansiva della dimensione umana.  L’individualismo che sempre più si esaspera chiude l’individuo in sé, lo isola e lo limita nel mondo ristretto della sua temporalità e spazialità.  Soprattutto i giovani non riescono ad integrare in sé i messaggi che provengono loro dall’esterno, ossia non riescono ad assimilarli e a personalizzarli.  Più che vivere, il giovane tende a farsi vivere, è vissuto dall’esterno che gli propone una serie frenetica e formale di sollecitazioni che non riesce a far proprie e che lo travolgono in un vortice in cui si perde. La conseguenza immediata è che perde il senso di sé, si sente solo ed insicuro e ha bisogno di chi come lui è alla ricerca di se stesso.

        La vita acquista la sua dinamicità creativa quando l’apporto che possono dare gli altri viene assimilato, trasformato e intgrato della propria dimensione a costituire una personalita aperta e disponibile  ad accogliere nuove sollecitazioni. Quando l’esistenza diventa frenetica ricerca di formali ed esteriori soluzioni, l’individuo resta al di qua di esse, incapace di attivarsi e di dare un proprio contributo alla sua crescita e agli altri.  In lui non si attiva quel processo dinamico che è disponibilità e apertura a nuove relazioni che entrano, soggettivate, nella sintesi individuale a a rendere possibile l’apertura di nuovi orizzonti.

       Il frantumarsi delle relazioni sociali, sempre più superficiali, sempre più formali, lasciano lo spazio a quel senso inconsapevole di insufficienza e di debolezza che nella vita primitiva porta alla violenza.  Violenti sono i giovani anche perché l’ambiente sociale li respinge e li lascia soli con se stessi alla ricerca dell’ottenimento di quei beni materiali che sembrano sempre più indispensabili e che lasciano sempre il vuoto dopo di sé.

      Quello che manca effettivamente ai giovani è la possibilità di uscire da sé per tornare in sé, manca il tempo di una solitudine operosa in cui il dato diventa acquisito, ossia entra a da parte del proprio patrimonio personale e condizione attiva che rende possibile l’apertura di nuovi orizzonti.

      Formale è la società, formale è diventata la famiglia, formale è la scuola.  In nessuna di esse i giovani trovano lo stimolo a diventare se stessi, a crescere, maturando la responsabilità delle proprie azioni, una responsabilità che si acquisisce gradualmente, giorno per giorno, non in funzione di un utile immediato, ma come conquista del senso di sé, della propria identità irripetibile. Diventare responsabili significa affrontare le difficoltà, rischiare, decidere e accettare, non subire passivamente le conseguenze che ne conseguono.  Le famiglie, purtroppo, quasi sempre sono soltanto protettive e in ogni occasione deresponsabilizzanti, perché minimizzano le responsabilità che, molto spesso, attribuiscono ad altri. La società formale, soprattutto attraverso la scuola, appiattisce gli individui dietro dei pezzi di carta, i diplomi, che coprono una falsa uguaglianza e che favoriscono chi si adegua più facilmente a questa formalità vuota.

       Per fortuna, o meglio per legge di natura, la vita continua, malgrado gli ostacoli che la società moderna pone in essere, perché accanto ad individui che si abbandonano alla loro miseria ce ne sono tanti altri che riescono ad essere se stessi, che diventano capaci di uscire dai propri limiti spaziali e temporali ed assurgere a dimensioni nuove ed imprevedibili.

     E’ la vita  che continua.

    Pratola Vittorio

  • LA VITA

    3° parte

       La vita psichica è un processo dinamico e complesso in cui stati d’animo diversi, e di intensità continuamente variabile, si susseguono, si alternano, si contrappongono, coesistono contraddittoriamente, si rincorrono insieme ai processi astrattivi della mente.  L’affermazione di sé è una costante della vita psichica, anche quando sembra volersi annullare all’esterno di sé, in un processo di negazione, di nullità, di fuga dalla propria intimità, che riappare prepotentemente nei momenti di ripiegamento su se stesso, di chiusura al mondo esterno e agli altri.  Gli stati d’animo restano strettamente connessi e operanti con quella funzionalità che sembra costituire il pensiero.  Certezza e dubbio, orgoglio e timore, speranza e sconforto, in una parola il mondo dell’affettività, costituiscono la trama di quella unità su cui galleggia il pensiero che non può essere senza di essi e che non si riduce ad essi. 

       La vita psichica si manifesta, anzi coincide, con il comportamento:  apertura e disponibilità all’ambiente o chiusura e riduzione a quelle relazioni che costituiscono il nucleo originario della soggettività.  Quanto più la sintesi dinamica dell’io risulta da una molteplicità ricca  di relazioni, tanto più l’individuo è disponibile all’ambiente, ad accogliere cioè nuove sollecitazioni e ad integrarle nella sua dimensione dinamica.  Sul piano sociale l’apertura all’ambiente è la tolleranza, il rispetto dell’altro ma anche la curiosità e la meraviglia, scoperta e assimilazione in sé di orizzonti nuovi e diversi. Quando l’attività psichica si riduce ad una rielaborazione ripetitiva delle stesse relazioni, senza che esse si rinnovino grazie ad altre relazioni, si determina la chiusura in sé, il rifiuto di ogni contributo dall’esterno.  Sul piano sociale la chiusura all’ambiente  diventa intolleranza, violenza nei confronti degli altri, egoistica affermazione di sé.

       La vita non nasce con l’individuo ma continua in lui, nel suo processo di arricchimento e di individualizzazione, acquistando un significato ed un valore che vanno al di là dell’individuo stesso.

       L’individuo nasce con un nucleo sintetizzato di relazioni, potenzialmente capace di attivarsi e di svolgersi:  è il primo dei due termini che costituiscono ogni possibile relazione.  Dalle origini ancestrali della vita, egli trova in sé, alla nascita, una concentrazione dei processi psichici dei suoi predecessori, conservati e sintetizzati in un nucleo capace di attivarsi  nelle funzioni già sperimentate e ormai costitutive, ma soprattutto, se ci sono le condizioni necessarie, di trasformarsi, di arricchirsi con ciò che altri individui  gli possono trasmettere.  E’ il corrispettivo di quanto la scienza umana ha rilevato a livello fisiologico.  Il codice genetico di ogni essere umano è originale, unico e irripetibile, ma è anche il concentrato dei codici genetici di coloro da cui discende.  Il passato fisiologico si rinnova e si conserva dal passato nel presente. Altrettanto, a livello psichico, l’istinto conserva e fornisce, al momento necessario, comportamenti che sono stati acquisiti dai nostri antenati e che ormai sono scritti in ciascuno di noi in maniera indelebile.  Il nucleo fondamentale della vita psichica non può non essere allo stesso modo derivato, energia psichica potenziale che nell’individuo e grazie all’individuo, può divenire cinetica, può crescere, diversificarsi, modificarsi, in una parola, essere vita, la vita degli uomini.

      La vita corporea è uno dei tramiti indispensabili per quella psichica, perché anche la vita psichica di altri individui si riceve attraverso di essa e nello stesso tempo si trasmette la propria, permettendo quel processo dinamico di trasformazione e di arricchimento in cui consiste la VITA

       L’universo è energia, un’energia che si espande, secondo la teoria di Einstein.  Tante forme di energia si manifestano nella natura secondo leggi note e studiate dalla scienza.  Altre forme dell’energia mostrano la loro presenza ma non rivelano la loro natura.  Certamente ne esistono altre che non si rivelano alla consapevolezza umana ma che costituiscono l’universo.  Pensiamo ad esempio all’energia dei buchi neri di cui non si conoscono né gli effetti, né la natura, né la potenza, né il modo di essere, in quanto non è possibile registrarla in qualche maniera. Lo stesso spazio, se veramente si espande, come afferma la teoria di Einstein, è una forma di energia.  Il vuoto, lo spazio vuoto, non esiste, proprio perché è sempre energia.  Altrettanto vale per il tempo.

     La vita è una forma di energia?

       Se pensiamo che ci sono manifestazioni del pensiero che sottintendono una forma di energia capace di trasformarsi in energia cinetica, in calore, in forza ipnotica, la risposta è si.  Il pensiero è costitutivo della dimensione psichica dell’uomo e la forza del pensiero può tradursi nella levitazione dei corpi, nell’inibizione della sensibilità di altri uomini, può provocare allucinazioni e stati di trance.  La stessa pranoterapia è data dalla trasformazione dell’energia del pensiero in calore.  E la casistica è notevole.  

       Già con il Cristianesimo il pensiero è considerato energia creativa.  Nel Prologo al Quarto Vangelo,  Giovanni scrive:  In principio era il Verbo … e il Verbo era Dio …tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.  In lui era la vita. 

       Il termine latino verbo traduceva il termine greco logos che indicava la razionalità che, a sua volta, coincideva con il pensiero.  E’ dal pensiero che deriva il creato che è razionale, perché  è il pensiero o, meglio, è il pensato.   Principio della realtà è il pensiero che si trasforma, creando, nella varietà dell’universo.

       La vita è energia psichica che si esplica, si rinnova, si arricchisce, è la vita psichica dell’essere vivente.

    Pratola Vittorio

  • LA VITA

    2° parte

       Anche nel cervello  l’attività è riconducibile  a variazione di stato, perché è movimento di neuroni, ma la produzione che ne deriva ha un’altra natura e soprattutto non è l’effetto necessario della causa che lo ha determinato, perché appena prodotto acquista una sua realtà indipendente, del tutto priva di ogni legame che non sia quello che lo accoglie in un contesto particolare, molto complesso. La percezione delle modificazioni sensoriali sono immagini soggettive della psiche che a loro volta rendono possibile la formazione di altre immagini che non sono più legate allo stimolo e alla variazione successiva delle cellule cerebrali.  I concetti, le idee, il pensiero in una parola, non hanno un corrispettivo oggettivo, ma lo propongono come realtà e può essere trasmessa come tale al cervello che a sua volta può trasmetterlo alla dimensione sensoriale.  Una vibrazione trasmessa dall’udito, ad esempio, è un suono nella mente, una produzione che ha valenza psichica e che resta nella mente anche quando la vibrazione non c’è più.  A livello psichico, il confronto di più suoni può generare una melodia che il cervello trasmette all’apparato vocale, da cui il canto che appartiene esclusivamente alla dimensione psichica, in quanto, nella dimensione organica dell’uomo, è soltanto variazione e movimento della tensione sensoriale.

       La differenza reale tra realtà fisica e realtà psichica è la differenza che c’è tra quantità e qualità.  Il mondo fisico, spaziale e temporale, è quantitativo, mentre l’altro è qualitativo.  La diversità oggettiva della realtà materiale è riconducibile alla diversità degli atomi che la costituiscono, ma gli atomi non si differenziano tra loro per caratteristiche qualitative, ma per quelle quantitative.  Ogni atomo risulta dall’agglomerato, in una certa forma, di particelle uguali per tutti, che vanno a formare il nucleo e dagli elettroni che lo contornano e quindi la loro diversità non è sostanziale, nel senso che gli elementi costitutivi sono gli stessi.

      Nella dimensione psichica, solo impropriamente si può parlare di pure rappresentazioni, ossia non esistono percezioni di sensazioni particolari, perché esse sono come dei tasselli, dei mattoni di una rappresentazione molto complessa.  Nel momento in cui si esce dal livello corporeo, fisico, materiale, sia dei sensi che del cervello, le rappresentazioni psichiche diventano situazioni articolate e complesse.  I dati che provengono dall’ambiente non vengono ricevuti passivamente ma acquisiti attivamente, ossia filtrati, colorati, integrati in una soggettivazione in cui converge tutto il soggetto ricevente, Essi sono il risultato dell’interazione del dato che diventa acquisito, ossia integrato in una complessità che le accoglie, trasformandosi, nel ridurle a sé.  A livello psichico, infatti, i dati sensoriali, proprio perché relazioni, si accompagnano a stati d’animo, emozioni, sentimenti, passioni e diventano espressione e attivazione di tutti quei processi mentali che costituiscono la vita psichica.  Privati della loro provenienza, diventano elementi, conservati nella memoria, come situazioni concrete ma non più legate a situazioni reali, che sono confrontate, associate, concettualizzate, in una parola, integrate in una complessità dinamica, che si arricchisce senza perdere nulla, nella trasformazione, e assumendo, in tal modo, una propria realtà autonoma.

      La vita psichica è la dinamica e imprevedibile articolazione di un sistema di relazioni che non ha una linearità definibile preventivamente, ma ha una sua identità che discende dal fatto che le possibili relazioni, attraverso le quali si realizza la vita psichica, sono variabili in modo indefinito.  Tutto ciò che entra a far parte e a costituire la dimensione psichica dell’uomo, può acquistare un’incidenza diversa in momenti diversi o provocare situazioni contraddittorie, stati di tensione, sconvolgimenti e situazioni già sperimentate e ormai superate. 

      Le relazioni che costituiscono il mondo psichico, sono trasmissibili da un individuo all’altro, per cui anche esse sono dati che entrano a far parte del sistema di relazioni costituenti la vita psichica.   Gli stati d’animo di ognuno possono tramettersi attraverso la dimensione corporea e quindi attraverso i sensi, anche se nella vita appare un sesto senso, l’intuito, che permette un rapporto diretto e non sensoriale.

       Nei prodotti umani, soprattutto, è possibile trovare le relazioni psichiche dell’altro. Basta pensare a un quadro, a una poesia, ma anche a uno scritto, un oggetto comune, un reperto storico che trasmettono un mondo diverso, dato significativo e indispensabile per l’acquisito.

       Tutto ciò che costituisce l’ambiente delimitato fisicamente e temporalmente, come anche quello storico e quello che risulta elaborazione psichica di tutti gli altri uomini, è fattore di attivazione e di trasformazione della vita individuale, tanto più incidente quanto più assimilato nella dimensione soggettiva.  La vita psichica, infatti, si costituisce come puntualizzazione continua di tutti gli elementi che il soggetto ha assunto nella sua prospettiva unica e personale, elaborandoli e amalgamandoli nel modo in cui li ha assunti soggettivandoli.

    Pratola Vittorio

  • LA VITA

    1° parte

      La vita. Che cosa è la vita? Ho vissuto e vivo la mia vita; ho goduto e godo, ho sopportato e sopporto la mia vita; ho amato e amo la mia vita, anche se non conosco la vita. E’ mia perché la vita è l’irripetibile dimensione di un solo ed unico essere umano, che in questo caso sono io, io di oggi e di sempre.

       Tanti anni fa ho cercato di chiarirmi il concetto di vita, senza riuscirci.  La scienza non considera i concetti astratti e nel vivente, colui che vive, la vita è la capacità di conservarsi e di riprodursi, che in fondo è quello che ci dice il pensiero filosofico.  A volte mi sembra di vedere la vita attraverso dei versi del Carducci che mi tornano in mente dai tempi della scuola media e che cito come la mia memoria li ha conservati: … via, non fo per dire, ma oggi sono una celebrità.  E so legger di greco e di latino e scrivo e scrivo e ho molte altre virtù, non son più cipressetti un birichino e sassi in specie non ne tiro più e massime alle piante. … Intesi allora che i cipressi e il sole una gentil pietade avean di me e presto il mormorio si fe’ parole – Ben lo sappiamo, un pover uom tu se’. Ben lo sappiamo, il vento ce lo disse che rapisce degli uomini i sospi, come dentro al tuo petto eterne risse ardon che tu né sai né puoi lenir. A le querce ed a noi tu puoi contare l’umana tua tristezza e il vostro duol. Vedi come pacato e azzurro è il mare, come ridente a lui discende il sol. E  come questo occaso è pien di voli, com’è allegro dei passeri il garrire. A notte canteranno i rosignoli, rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire, i rei fantasmi che dai fondi neri dei vostri cuor battuti dal pensiero guizzan, come dai vostri cimiteri, putride fiamme innanzi al passegger. Rimanti e noi domani a mezzo il giorno, ti canteremo noi cipressi i cori che vanno eterni tra la terra e il cielo … e Pan l’eterno, che sull’erme alture a quell’ora e nel pian solingo va, il dissidio o mortal delle tue cure nella diva armonia sommergerà. Mi sembra di vedere il groviglio di stati d’animo che si rincorrono, si contrappongono, coesistono contraddittoriamente in una complessa e difficile unità in cui fattori interni ed esterni interferiscono e si amalgamano, fino ad annullarsi in una realtà nuova e diversa.

       La vita ha due livelli, strettamente congiunti, totalmente distinti:  il livello vegetativo e quello psichico.  Il primo è regolato da leggi comuni a tutti gli individui, ed è il fondamento naturale dell’altro.  Dal livello corporeo giungono molti degli elementi che incidono sulla dimensione psicologica e su di esso si scaricano tensioni e sollecitazioni che vengono da quello psichico, quasi sempre imprevedibili e indeterminabili preventivamente.

       La vita biologica si svolge secondo i ritmi delle funzioni organiche le cui variazioni vengono recepite nella dimensione psichica ed interpretate.  Tali variazioni possono essere momenti costitutivi delle funzioni medesime, ma  nella maggior parte dei casi, sono determinate dal rapporto con il mondo circostante.  Le sensazioni che i sensi trasmettono sono dovute, infatti, agli stimoli che li colpiscono.  Non sono questi che li avvertono perché li subiscono come alterazione delle proprie tensioni biologiche ed è la variazione che viene trasmessa al livello psichico, dove acquista una qualificazione. In altri termini il suono, l’immagine, il gusto, l’odore sono tali a livello cerebrale, dove acquistano significato e valutazione.  Si tratta di una valutazione, ossia di una qualificazione che non è mai oggettiva e prevedibile, e quindi riconducibile alle leggi della razionalità, ma soggette al modo in cui la dimensione psichica le accoglie.  Una stessa sensazione può essere positiva o negativa per individui diversi, ma anche per lo stesso individuo in momenti diversi e addirittura positività e negatività possono coesistere nello stesso momento.  La vista di un tramonto stupendo può provocare sentimenti di pace, di benessere e di serenità, o tristezza, senso di solitudine e angoscia.

    Pratola Vittorio

  • IL PRESENTE

    3° parte

       Le civiltà sono nate e fiorite là dove gli uomini sono stati costretti ad incontrarsi e a comprendersi vicendevolmente facendo proprio, e quindi trasformando, ciò che era degli altri.  E’ la realizzazione di quella apertura mentale e di quella disponibilità agli altri che, normalmente, sono caratteristiche riconosciute ai viaggiatori, agli esploratori i quali restano se stessi pur modificandosi continuamente a contatto con altre esperienze umane.

        La lotta per la soddisfazione dei bisogni primari dell’esistenza ha sempre lasciato, anche ai primi uomini, del tempo per coltivare altre attività, come la pittura, la scultura, la scoperta e la meraviglia della natura e soprattutto il culto dei morti che ha sollecitato le sue attività mentali verso l’ignoto, incrementando il desiderio di andare al di là del presente e del reale, in un mondo affascinante, terribile ma desiderato e sognato.

       Il linguaggio, da quello figurato dei graffiti, dei disegni, delle sculture e poi soprattutto della parola, da quella tramandata oralmente a quella scritta,  ha condotto l’uomo oltre tutti i confini della sua esistenza nel tempo e nello spazio e del suo campo di esperienza vissuta:  è il cammino della civiltà.

       Oggi si parla molto dell’intelligenza artificiale come possibile pericolo per l’umanità, ma ciò non può essere se si pensa alla diversità sostanziale tra la macchina creata dall’uomo e l’uomo stesso.  Per quanto potente possa essere una macchina essa non può andare al di là della composizione dei dati.  Le sue soluzioni sono il risultato di combinazioni di dati, combinazioni effettivamente molto superiori alle possibilità intellettive dell’uomo, ma questi ha qualcosa in più che gli permette di andare al di là dei dati in suo possesso.  Basta pensare ai geni matematici, ai geni artistici, agli inventori che sono sempre esistiti nella storia dell’umanità.

      L’uomo è energia, un’energia immensa, concentrata in un punto che esplode conservandosi e trasformandosi.  Nella fisica classica si diceva che la natura non facit saltus e invece li fa, soprattutto nell’uomo.

       Già fisicamente, l’uomo è un concentrato stupefacente di energia:  il corpo è costituito di miliardi di atomi e l’atomo è simile al sistema solare,  La distanza della terra dal sole è di circa 50 milioni di chilometri e il diametro della terra di circa 14 mila chilometri,  Se riducessimo la dimensione della terra a 14 centimetri, il sole si troverebbe a 1,5 chilometri di distanza, uno spazio enorme che aumenta a dismisura se consideriamo le distanze tra sistemi solari e galassie.  E’ lo stesso spazio che c’è tra atomi e molecole, in proporzione, che costituiscono il corpo.  Ma lo spazio non è vuoto perché è pieno di energie di cui conosciamo soltanto alcune.

       Già quasi un millennio fa Plotino riteneva che non fosse l’anima ad essere dentro il corpo, ma il corpo ad essere dentro l’anima:  il corpo è dentro l’energia e il corpo è energia, quella che gli antichi chiamavano anima.

      D’altra parte anche il Cristianesimo, nel Prologo al Quarto Evangelo di San Giovanni, considera il creato come produzione del Logos ossia pensato o meglio pensiero (In principio era il Verbo e il Verbo era Dio … e tutto fu fatto attraverso il Verbo.   

       E il pensiero non è energia?

       Anche se non sappiamo come e perché il pensiero è capace di trasformarsi in energia cinetica, annullando la forza di gravità con la levitazione dei corpi.  La sola forza del pensiero può determinare l’anestesia totale in un paziente sottoposto ad interventi chirurgici o rendere reali situazioni illusorie che provocano reazioni fisiologiche reali con l’ipnosi.

       Torniamo all’uomo, questo meraviglioso microchip in cui convergono, permangono ed operano tanti e diversi fattori, da quelli genetici a quelli acquisiti nel corso della propria esistenza, in una unità che è tutti loro senza essere nessuno di essi.  Ogni uomo è diverso dagli altri, perché sia i fattori genetici e sia quelli ambientali, anche se comuni, non hanno mai la stessa valenza e lo stesso peso nella  loro   composizione.   Il risultato del comporsi di questo numero incalcolabile di fattori non è infatti mai una somma, ma una sintesi creativa, originale non necessariamente prevedibile o riconducibile ai fattori da cui è scaturita.  Per questo è sempre possibile la genialità e anche i cosiddetti miracoli: ingiustificabili, imprevedibili, a volte assurdi fenomeni umani.  Il presente è il vivente che cresce del suo passato, conservandolo e rinnovandolo continuamente nella sua attualità dinamica.

       Ciò, tuttavia, non significa che il processo sia necessariamente progressivo e irreversibile, nel senso che  il passato, prossimo o remoto, può sempre acquistare una rilevanza diversa nella sintesi personale provocando comportamenti che in psicologia vengono considerai come forme di regressione. L’istinto e la ferinità che fanno parte della natura umana possono sempre emergere a condizionare i comportamenti umani, soprattutto quando certe situazioni ambientali e sociali concorrano a sollecitarli.  Ciò comporta che le stesse situazioni  sociali, ambientali, umane si colorano diversamente e acquistano significato e valenza del tutto diversi col variare dell’ottica valutativa.  Basta pensare alla violenza:  condannata in sé trova sempre delle motivazioni attenuanti o giustificative quando è vista come giusta reazione  a un’ingiustizia subita, magari molto tempo prima o magari possibile nel futuro.  E non è questione di malafede, perché quasi sempre scaturisce da una convinzione profonda che fa venir meno ogni altra valutazione.

    Pratola Vittorio

  • IL PRESENTE

    2° parte

       Il presente è l’immortalità del passato, di tutto il passato, compreso quello che eticamente viene considerato negativo, ma che è pur sempre costitutivo della novità del presente.

       Il retaggio ancestrale non è un deposito statico, è una forza dinamica come lo sono tutti gli altri fattori che diventano parte di noi nel loro processo di integrazione nell’unità dinamica del nostro io.  E ogni io è una novità rispetto a ogni altro e dal loro processo di integrazione e di trasformazione scaturisce la civiltà.

       Io non sono la gemma apicale di un ramo di un albero che ha tanti altri rami, un tronco e molte radici, ma  un fronte che ha compresso in sé, amalgamato e incidente, come sua struttura dinamica, come fronte che avanza modificandosi e costituendosi diversamente, senza perdere mai tutto ciò che gli viene dalla schiera infinita dei suoi antenati e da tutte le esperienze di un passato individuale che è il suo presente. Tutto il mio passato è incidente, operante e vivo nel mio presente, anche se non apparente.

       Sant’Agostino diceva che esistono il presente del passato, il presente del presente e il presente del futuro, come aspettazione, ma in effetti esiste solo il presente perché il passato e il futuro sono in quanto rendono così come è il presente.  Ciò che l’io riceve dall’altro, sia nei rapporti umani diretti, sia attraverso le relazioni culturali, i libri, i graffiti, le memorie, le testimonianze di ogni genere non sono elementi ricevuti passivamente, ma fattori attivi che gli appartengono perché sono le sue reazioni, le sue prospettive di accoglimento e quindi le sue interpretazioni, cioè sono momenti attivi e dinamici soltanto suoi.

    Cerco di esemplificare  attraverso un’esperienza personale.  Giovane assistente di filosofia, discutevo con un collega un po’ più anziano, di maschi e femmine.  Io difendevo la tesi che non ci sono differenze sostanziali tra i due generi, mentre il collega sosteneva la tesi contraria.  Una discussione accademica che lasciò ciascuno con le proprie convinzioni.  Un anno dopo ci ritrovammo a discutere lo stesso argomento ma le posizioni si erano capovolte:  il collega sosteneva  l’uguaglianza tra maschi e femmine, mentre io la loro diversità.  Ognuno di noi aveva assunto la tesi dell’altro, nel senso che una parte dell’uno era diventata parte costitutiva del presente dell’altro.

       Sono tuttora convinto della validità di quella mia seconda tesi, non soltanto perché la differenziazione dei sessi è la perfetta specializzazione della vita per la sopravvivenza della specie, ma soprattutto perché ogni individuo è diverso da ogni altro individuo, ed è lo stesso individuo ad essere diverso, in ogni attimo della sua esistenza,  nel suo presente, da se stesso, se continua a vivere.

       La dinamicità dell’io è data dall’apporto continuo di stimoli dalla sua dimensione culturale, ossia dall’attivazione di quell’ardore ch’io ebbi a divenir del mondo esperto e delli vizi umani e del valore (come lo definisce Dante).  La continuità delle relazioni umane, delle stimolazioni culturali, dell’apertura al nuovo e al diverso rende possibile e attuale il presente ossia il nuovo modo di essere di tutto il nostro passato.  Gli altri, la loro cultura, in qualche modo, il nostro modo di assimilarli, entrano e restano in noi a costituire la nostra identità irripetibile e pur sempre diversa nella sua continuità.

       La mancanza di un ambiente culturale, di nuove e diverse esperienze umane, rendono il passato un presente statico, ripetitivo:  l’esistenza si smorza in una vita vegetativa senza interessi, senza stimoli, abitudinaria.

    Pratola Vittorio

  • IL PRESENTE

    1a parte

       Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro là dove si perde il giorno e novellando vien del suo bel tempo, quando al dì di festa ella si ornava ed ancor giovane e bella solea danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni dell’età più bella.  Gli artisti, i poeti riescono ad intuire e ad esprimere verità e situazioni impensabili e ingiustificabili.  Diceva Platone che la poesia è divina mania perché il poeta attinge latte e miele nel mondo degli Dei e riesce a trasmettere tante verità, pur non essendo esperto di nulla.  Per questo nel mondo classico c’era l’invocazione alle Muse il cui aiuto doveva rendere sublime la creazione poetica.   Anche Dante, quando deve affrontare il racconto dell’ineffabile, invoca le divinità:  O buono Apollo, a l’ultimo lavoro fammi del tuo valor siffatto vaso come dimandi a dar l’amato alloro … Entra nel petto mio e spira tue  ,,,  La poesia è  ispirazione divina che va oltre i limiti dell’intelletto umano, anticipando intuitivamente verità che solo  e non sempre diventano comprensibili razionalmente.

       Leopardi vede nella vecchierella la giovane fanciulla che danzava con i suoi compagni e in effetti in quel momento il presente della vecchierella è la sua giovinezza che non ritorna per un attimo ma è presente, è parte integrante e costitutiva della sua dimensione reale, quella di una donna avanzata nell’età ma pur sempre ancora la giovane di un tempo che fu.

       Ogni uomo è come un microcip di potenza strabiliante, infintamente più complesso e creativo di quelli costruiti dall’uomo. Questi, infatti, sono capaci di sincresi ed in parte anche di sintesi, ma non possono andare al di là dei dati che racchiudono, mentre quello umano è capace di uscire da ogni schema e raggiungere conclusioni che non sono desunte dai dati in suo possesso, ma sono frutto di un salto oltre ogni logica.

        Siamo il nostro passato nel senso che ogni momento, ogni relazione umana, ogni esperienza che abbiamo fatto sono entrate a far parte del nostro essere.  Tutto quello che abbiamo vissuto ha modificato il nostro essere perché è divenuto un tassello del nostro presente.  Ognuno di noi è un punto dinamico o meglio l’articolarsi in un costante processo dinamico di puntualizzazione in un modo di essere che contiene e conserva in sé tutto il passato.  Il presente si costituisce del passato che pertanto è presente.

        Già alla nascita siamo il presente rinnovato, unificato e trasformato  dei nostri antenati, fino alle profondità ancestrali dell’uomo primitivo.  Il codice genetico, pur essendo unico e diverso in ogni uomo, contiene tutti i codici dei nostri antenati, costituendosi di essi, senza ridursi a nessuno di essi.  Nella profondità del cervello, forse nell’ipotalamo, una minuscola parte del nostro  cervello, sono presenti stati d’animo e comportamenti che ci riconducono agli stadi iniziali dell’esistenza umana e che comunemente vengono definiti come istinto. Non sono soltanto ricordi della specie che tornano di tanto in tanto, ma fattori attivi e continuamente operanti nel presente, o meglio sono il passato che è presente.

       Fin dalla vita uterina il nostro essere presente irripetibile si attiva nella corteccia cerebrale non soltanto in relazione alla dimensione fisiologica, ma anche in relazione alle sollecitazioni ambientali, agli influssi delle radiazioni cosmiche e a tutto ciò che ci viene dalle relazioni umane.  In altri termini, ogni uomo non è soltanto il presente, il punto di convergenza di un’ascendenza verticale, ma anche  di una  multidirezionalitè  di incidenze che entrano a far parte del  suo presente.  Nel presente individuale non convergono soltanto le relazioni umane del proprio tempo e del proprio spazio, ma anche quelle di tempi e di spazi diversi, veicolati dalla storia, dalla letteratura, dall’arte, dai mass media, in una parola dalla cultura.  In ogni uomo, in qualche modo, è presente almeno una parte o un aspetto di rna moltitudine sterminata di altri uomini, come ogni uomo è, in qualche modo, incidente in una moltitudine di altri uomini.  Sarebbe come dire che  ogni uomo è l’immortalità di momenti, di parti di tanti altri uomini e ogni individuo continua ad essere nel presente  di altri uomini, in qualche modo.

    Pratola Vittorio